Cosa sono le Denominazioni Comunali di Origine
Il desiderio di valorizzare attività agroalimentari e tradizioni locali ha portato alla nascita delle Denominazioni Comunali di Origine. Tutelate da una legge introdotta nel 1990 (ma vista e rivista più volte), quest’ultime supportano le realtà territoriali che vogliono farsi conoscere attraverso i propri prodotti legati al luogo storico d’origine. DE.CO. è quindi sinonimo di tutela del proprio patrimonio culturale con un particolare riferimento alle attività agroalimentari ed è indiscutibile che ciò abbia delle importanti ricadute sullo sviluppo e sulla promozione di un territorio, che viene fatto conoscere e curato sotto diversi punti di vista: economico, culturale, turistico e, infine, dal punto di vista ambientale.
Probabilmente non avrete mai sentito parlare del Casoncello di Pontoglio oppure dello Gnoc de la Cua, pensate che nella provincia di Brescia ci sono più di 60 tesori che la maggior parte dei bresciani non conosce. Brescia nel Piatto si è presa carico della responsabilità di portare le DE.CO. sulla tavola di tutti i bresciani.
Origini, da 30 anni espressione del territorio
L’acronimo DE.CO. aiuta ad identificare un marchio emblema del legame tra un prodotto e il suo territorio, quasi a fornirgli una carta di identità. Non si tratta di una garanzia esclusivamente di qualità, ma anche dell’espressione di un filo conduttore tra la produzione e il suo luogo storico, culturale e tradizionale d’origine. L’ obiettivo è proprio quello di dare un ulteriore aiuto e slancio all’economia locale, cercando di incentivare una voce importante come quella del turismo alimentare, da sempre essenziale nel nostro territorio Nazionale.
Il legame identifica i due protagonisti principali ponendoli l’uno in stretta interrelazione con l’altro: da una parte vi è il territorio, portatore di tutto il suo bagaglio di tradizioni, cultura, comunità e bellezze ambientali mentre dall’altra parte vi sono i prodotti che questo produce e che ne diventano espressione in tutte le sue caratteristiche.
Le Denominazioni Comunali sono nate ormai più di tre decenni fa, ma ancora oggi troppo poche persone sanno della loro esistenza. La legge n. 142 dell’8 giugno 1990 stabilì che i Comuni avevano la facoltà di disciplinare la valorizzazione delle attività agro – alimentari tradizionali presenti nella propria realtà. Grazie a questa facoltà concessa ai Comuni, l’Anci, l’Associazione Nazionale Comuni Italiani, nel 2000 ha redatto una proposta di legge di iniziativa popolare. Nel frattempo, giuristi e opinion leader sono intervenuti in merito all’opportunità dei Comuni di legiferare in tema di valorizzazione dei propri prodotti. Grazie alla battaglia intrapresa dal giornalista Luigi Veronelli per la diffusione delle DE.CO. e anche alla legge Costituzionale n. 3 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 18 ottobre 2001, che delega ai Comuni il potere di emettere regole in campo agricolo, da quella data, è stato segnalato il diffondersi di Comuni, che hanno iniziato a deliberare una o più Denominazioni Comunali.
Una DE.CO. non indica solamente un “buon prodotto”, un “prodotto qualitativamente distinto dagli altri”, ma rappresenta la voce di un circoscritto territorio, di cui essa ne illustra le caratteristiche, tracciandone i confini e divenendo strumento per la valorizzazione del patrimonio culturale ed enogastronomico locale. Esse si concretizzano in questo marchio, attribuito dal Consiglio Comunale con l’emissione di una apposita delibera che, tramite Regolamenti e Disciplinari e di un Registro dei produttori aderenti, sancisce le regole del marchio stesso e le caratteristiche del prodotto. Tutto ciò nasce pubblicamente, per poi essere affidato, oltre che al sostegno delle Amministrazioni, all’iniziativa ed alle risorse dei privati.
I tre filoni delle Denominazioni Comunali
Le De.C.O. sono dei veri e proprio strumenti che garantiscono la biodiversità, che promuovono l’attenzione nei confronti della sostenibilità ambientale e che si trasformano in mezzi di aggregazione e socializzazione, permettendo che il territorio ne tragga anche vantaggi e risorse di tipo turistico ed economico.
Dopo alcuni anni di confronto, il Club di Papillon (associazione nazionale che ha come finalità la riscoperta dell'originalità di una cultura popolare attraverso il gusto) richiese a livello governativo il riconoscimento ed il sostegno al marchio.
Nel 2008 fu pubblicato un libro intitolato “DE.CO., la carta di identità del Sindaco”, con il quale ebbe inizio il percorso per la formalizzazione di un iter procedurale tramite la compilazione di una corretta delibera per la certificazione DE.CO., onde evitare di cadere nel “tranello” dei termini vaghi (quali “prodotti tipici”, “prodotti di qualità”, “certificazione”).
Oggi, chiariti gli ambiti e le definizioni, il contesto Nazionale e Comunitario si presta maggiormente a dare attenzione alle tipologie di Denominazioni Comunali, infatti, specialmente in Lombardia (grazie a numerose leggi Regionali); si è posta maggior attenzione alla valorizzazione dei prodotti lungo la filiera, ad una comunicazione più efficiente riguardante il marchio del prodotto, alla promozione della storia del territorio. Dal punto di vista tecnico risulta essenziale, quindi, una semplice e chiara distinzione tra le principali tipologie di DE.CO., oltre che delle fasi di sviluppo del progetto.
Vi sono tre filoni fondamentali di De.Co, ecco il primo accomunato dal fatto che ciascuno può rappresentare l’anima di un’attività commerciale, nell’ottica di un processo di sviluppo integrato e di marketing territoriale. Perché essi crescano e si sviluppino, è necessaria la collaborazione del Comune e dei privati cittadini.
Primo gruppo
Vediamo insieme questo primo gruppo:
- Prodotto tipico: prodotto agricolo caratteristico del luogo specifico, che gli abitanti del paese, nel corso della storia, hanno preservato e adattato a nuovi usi, arricchendone di volta in volta la tradizione;
- Prodotto di artigianato locale: Si tratta di un prodotto curato e lavorato direttamente dalle mani sapienti delle famiglie di un paese, le quali ne hanno perfezionato negli anni la ricetta, per poi protrarne la sua tradizionalità fino a oggi;
- Prodotto dell’artigianato: Si tratta di una particolare forma operativa, frutto del sapere locale. Ne sono un esempio i fischietti di Rutigliano o i Camparot di Lu Monferrato.
La collaborazione con il Comune o con i cittadini può sfociare anche nella creazione di un’Associazione di Produttori, di un Consorzio o nell’avvio di una procedura di richiesta di denominazioni riconosciute dall’Unione Europea come la Dop o l’Igp come il cioccolato di Modica o il panettone di Milano e come è accaduto nel 2012 con le ciliegie di Vignola. L’iter complesso che nasce con questi riconoscimenti porta alla formazione del “marchio”, che appartiene poi alla collettività e al territorio. Ne sono un esempio il cioccolato di Modica, il pomodoro cuore di bue di Belmonte Calabro il panettone di Milano, gli amaretti di Gallarate, la cipolla boretana di Boretto...
Secondo gruppo
- Una ricetta: al momento ciò che meglio esprime il legame tra prodotto, tradizione e cultura di un luogo. Non sono commercializzabili come le tipologie di cui abbiamo parlato in precedenza, ma sono la forma di DE.CO. più utilizzata nelle sagre, divenute momenti di aggregazione che trovano nel piatto lo strumento più collettivo per la scoperta di un prodotto culinario, elaborato e tramandato nel tempo. Alcuni esempi di ricette divenuti noti: gli agnolotti gobbi di Asti, la torta Paciarela di Gessate, i tortelli con la coda di Vigolzone, le delibere emanate dal Comune di Milano per il risotto giallo;
- Una festa: un momento tutto emblematico di una collettività, perché in modo conviviale e folcloristico ne emergono giochi, usanze, valori, piatti, credenze o persino abbigliamenti della tradizione, come nel caso della fiera del Bue grasso di Moncalvo;
- Una tradizione: prassi in uso in un determinato Comune come può essere una tecnica di pesca, di coltivazione, di artigianato. Ad esempio, i muretti a secco di Arnasco (Sv) o gli Infernot di Frassinello Monferrato (Al);
- Un terreno: è il caso delle DE.CO. sulle tartufaie, che di fatto tutelano le tecniche di raccolta e i metodi di utilizzo del prodotto alimentare in questione.
Terzo gruppo
Il terzo gruppo comprende il filone delle DE.CO. multiple, come ad esempio la DE.CO. sulla pasticceria alessandrina, che tutelano tradizioni che riguardano sia elementi del primo che del secondo gruppo.
Come nascono le Denominazioni Comunali
Istruzioni per formalizzare una DE.CO.
Per formalizzare una DE.CO. sono necessari tre passaggi fondamentali:
- Fasi propedeutiche: analisi del territorio e ricerca di quei prodotti agroalimentari e artigianali che nell’immaginario collettivo rievocano il Comune, la realizzazione di schede di censimento, assemblee e incontri con la popolazione e i produttori e interviste ai produttori per la realizzazione di un Disciplinare (motivi per i quali nasce il presente lavoro);
- Fasi tecniche: stesura del Disciplinare e delle schede d’identità dei prodotti DE.CO. e del Regolamento;
- Fasi amministrative: emissione delle diverse delibere che formalizzano i passaggi della De. Co., da quelle di attribuzione dell’incarico ad un tecnico, a quelle inerenti la promozione e il marketing del prodotto.
Gli strumenti attuativi per l’istituzione della formalizzazione della DE.CO., da parte di un Comune, sono:
- Delibera del Consiglio Comunale (di approvazione del Regolamento);
- Regolamento per la “Valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali e l’istituzione della DE.CO.”;
- Albo Comunale delle iniziative e manifestazioni;
- Registro dei prodotti DE.CO.;
- Disciplinare (scheda identificativa) di produzione e relativa delibera di approvazione.
Per questioni di chiarezza è necessario suddividere il percorso che conduce all’attribuzione della DE.CO. in due delibere distinte.
La prima delibera
Segna l’istituzione di un registro delle Denominazioni Comunali (l'adozione della DE.CO. da parte del Comune) e segue lo schema di modello di legge promosso dall’Anci. Per renderlo tuttavia compatibile con la normativa europea e quindi sostenibile, è stato però necessario apporre alcune modifiche di carattere procedurale e terminologico.
Il primo passo è l’assunzione del regolamento delle DE.CO. con una delibera, con cui viene approvato il Regolamento proposto dall'Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), cui sono state apportate alcune modifiche al testo originario così da renderlo compatibile con l’articolo 28 e l’articolo 30 del Trattato di Roma i quali impediscono a un ente territoriale di attribuire un riconoscimento qualitativo a un prodotto legandolo a un’origine geografica.
Quello che emerge dal regolamento promosso dall’Anci, è la tendenza a riportare la DE.CO. al suo spirito di censimento della ricchezza e di strumento di marketing territoriale. Per questo motivo il primo articolo che istituisce la Denominazione Comunale parla genericamente di “individuare originali e caratteristiche produzioni agroalimentari e loro tradizionali lavorazioni e confezioni ... meritevoli di evidenza pubblica”, con la connessa opera di promozione e valorizzazione.
Come si può notare la DE.CO. si applica nello specifico a produzioni agro alimentari, ma la legge a cui si fa riferimento parla di tradizioni, cognizioni ed esperienze relative a questo genere di attività. Questo permette di allargare il campo a prodotti particolari di artigianato locale strettamente legati alle tradizioni agro alimentari e alla civiltà contadina. Fatto salvo questa particolare eccezione, la DE.CO. è soprattutto indirizzata al prodotto di per sè, che deve essere valorizzato per una valenza identitaria. Proprio per questo, grande spazio viene dato alle feste che vedono nel prodotto DE.CO. il loro elemento fondante (art. 2).
Il prodotto viene detto a Denominazione Comunale quando con un’apposita delibera viene iscritto nel registro che si va a istituire. Gli articoli 3, 4, 5 e 6 hanno proprio la funzione di descrivere il particolare meccanismo che prevede l’istituzione di un apposito registro e la composizione di una commissione atta a definire le caratteristiche dei prodotti DE.CO. Il resto del regolamento tende a definire i compiti fondamentali del Comune nell’attività di valorizzazione e marketing a cui è preposto, dallo sviluppo di una biblioteca specifica, con la raccolta di un’adeguata documentazione, allo sviluppo di iniziative di promozione, dalla proposta di manifestazione ed eventi dedicati fino alla progettazione di un’adeguata veste grafica per la presentazione del prodotto.
La seconda delibera
Si attua l’iscrizione di un determinato prodotto al Registro delle DE.CO. a cui è necessario allegare un disciplinare-regolamento e una scheda identificativa dove sono tracciate le caratteristiche dell’oggetto in esame. Questo rappresenta il momento più importante per la Denominazione Comunale, perché, a questo livello, vengono definite le caratteristiche peculiari del prodotto.
La seconda delibera (in genere approvata dalla Giunta Comunale), che segue di fatto l'adozione della DE.CO. quindi la volontà del Comune a perseguire questa metodologia, prevede appunto l’adozione di un regolamento in cui vengono tracciati i confini in cui si iscrive il prodotto a Denominazione Comunale. La delibera consiste quindi nell’approvazione di un disciplinare-regolamento dove vengono definiti con chiarezza i caratteri del prodotto, in particolar modo se questo è un prodotto non trasformato, oppure le varie fasi della trasformazione se questo è un prodotto artigianale, come un prodotto da forno o una ricetta. La delibera DE.CO. è simile a una carta di identità, che tramite il “registro” delle DE.CO. censisce una realtà esistente.